La competizione nel kendo – breve guida per non annoiarsi sugli spalti

Uno degli aspetti più divertenti del kendo, per chi lo pratica, è la competizione agonistica. Vi chiederete perché abbia specificato “per chi lo pratica”… beh, è presto detto, purtroppo assistere ad una gara di kendo e capire cosa accade sotto i nostri occhi, non è proprio un processo immediato, esistono regole e codici che ad occhi non esperti possono risultare incomprensibili e se chiunque può assistere e seguire agevolmente una partita di calcio, di pallavolo o anche di bocce,  purtroppo la stessa immediatezza non si ha nel kendo.

Questo breve articolo vi aiuterà a capire come si svolge una competizione di kendo, quali sono le principali regole e come viene affrontato l’incontro dai praticanti.

IL KENDO è UNA DISCIPLINA AGONISTICA

Come avrete sicuramente intuito dalla lettura dei nostri precedenti articoli, l’aspetto agonistico non è certo il fine ultimo della nostra disciplina, tuttavia rappresenta senza dubbio un banco di prova, un momento importante, per ottenere un riscontro diretto del proprio livello e della propria maturità nell’approccio alla disciplina.

Possiamo dire che chi vince le gare è bravo e chi le perde non lo è?

No, non è proprio così, perché il riscontro che abbiamo non è, o meglio non è semplicemente, sull’efficacia del nostro kendo in quanto capacità di vincere un incontro ma in quanto attitudine al confronto diretto.

È un discorso molto lungo e per certi versi controvertibile ma io la penso così: la gara serve come momento indispensabile di confronto diretto con la realtà esterna al proprio dojo, scevro da qualsiasi forma di amorevole protezione da parte dei propri compagni. Un brutale “ne resterà soltanto uno” che mette il praticante di fronte all’aspetto più atavico della nostra disciplina (per fortuna non più attuale!)
della lotta per la vita.

E sì, perché anche se vogliamo riempirlo di significati filosofici, il kendo alla fine (e all’inizio) altri non è se non una forma di combattimento (contro sé stessi e le proprie paure o, più semplicemente, contro un avversario) in cui uno sopravvive e l’altro (figurativamente) muore ed è proprio per una forma di rispetto verso questo aspetto (spiegato molto in soldoni) che a differenza della altre discipline da combattimento, nel kendo è considerato estremamente irrispettoso e assolutamente sconveniente esultare per la propria vittoria.
In fin dei conti, quando io vinco vuol dire che il mio compagno muore (sempre figurativamente!), quindi non c’è da esultare ma da dimostrare rispetto nei confronti di chi, con il proprio sacrificio, mi ha permesso di andare avanti e imparare qualcosa di nuovo.

È un aspetto molto poco vicino alla logica occidentale o più semplicemente sportiva delle competizioni ma per chiunque voglia avvicinarsi al kendo è fondamentale che venga compreso e applicato, altrimenti si rischia di trasformare la disciplina in una semplice pratica sportiva nella quale l’area di gara è solo una arena di combattimento e non più, come in effetti è, una palestra di vita.

Affrontata questa doverosa premessa, andiamo al sodo: come funziona una competizione di kendo?

L’AREA DI GARA E GLI ATTORI DI UN INCONTRO

Entrati in un palazzetto nel quale si sta svolgendo una gara di kendo e una volta guadagnato il proprio posto sugli spalti (che sicuramente sarà scomodo e freddo), la prima cosa che noterete è un grande quadrato dentro cui si stanno affrontando due contendenti.

 Il quadrato si chiama shiai-jo ed è l’area di gara (letteralmente campo dentro cui si svolge lo shiai, ossia l’incontro), ha una dimensione variabile tra i 9×9 e gli 11×11 metri; al centro di questo quadrato è disegnata una X che rappresenta il punto centrale dell’area di gara, a distanza di circa 1.40 m da quest’ultima sono disegnate due strisce parallele (kaishi-sen) che rappresentano il punto su cui si posizioneranno i competitori e da cui avrà inizio e fine l’incontro.

L’incontro si svolge tra due contendenti (shiai-sha) che saranno arbitrati da 3 arbitri (shimpan) e si svolgerà (nella quasi totalità delle evenienze) al meglio di 3 punti (sanbon-shobu). Il primo tra i due che effettuerà 2 punti (ippon) validi, o che ne avrà realizzato almeno 1 all’interno del tempo limite, sarà il vincitore. Esiste anche la possibilità di pareggiare un incontro (hikiwake), ma affronteremo questo argomento più in là.

L’incontro ha una durata che può variare tra i 2 e 7 minuti ed è stabilita dal regolamento di gara, con possibilità di prolungamento del tempo (encho) in caso di parità, laddove il campionato in corso preveda l’obbligatorietà di un vincitore per ciascun incontro.

A differenza di quanto avviene nella maggior parte delle competizioni sportive, nel kendo non esistono timer “pubblici” che segnalino lo scorrere del tempo di gara, la percezione del tempo è affidata esclusivamente alle capacità di gestione dei contendenti ed è proibito avvertirli da bordo area di gara della prossimità dello scadere o del minutaggio rimanente.

Nel kendo, lo abbiamo visto negli articoli precedenti, vestiamo tutti allo stesso modo e non esistono divise che distinguano le squadre, e allora in un contesto di gara, come si fa a capire chi abbia effettuato una azione valida?

Per facilitarne il riconoscimento, i due contendenti indossano dei nastrini di colore rosso o bianco (mejirushi) allacciati sulla schiena (all’incrocio dei lacci che tengono il do) che ne consentono la rapida identificazione sia da parte degli arbitri che del pubblico.

Gli arbitri si dispongono nell’area di gara come a disegnare un triangolo isoscele, il vertice è rappresentato dall’arbitro centrale (shimpan-shunin) che ha la funzione di dirigere l’incontro (dichiarandone inizio e fine, punti e penalità); la funzione degli altri due arbitri (shimpan-fukushin) è pressocchè identica con la differenza che non possono dichiarare i punti andati a buon fine, limitandosi a segnalare, avvalendosi delle apposite bandierine bianca e rossa (shimpan-ki) e di uno specifico codice comportamentale (che però non esamineremo, essendo piuttosto articolato) ciò che vedono e che accade nell’ambito
dell’incontro.

Un tavolo di giuria, costituito da un gruppo di addetti (kakari-in) al cronometro, alla annotazione e segnalazione dei punti tramite apposito tabellone di gara e chiamata dei contendenti, completa il panorama degli attori di un incontro.

PUNTI E PUNTEGGIO

Dicevamo che l’incontro si svolge al meglio di 3 punti ma quali sono questi punti e come vengono assegnati?

I bersagli validi nel kendo sono:

  • Men (elmo)
  • Kote (guantoni)
  • Do (protezione per il busto)
  • Tsuki (gola)

A prima vista, il sistema di assegnazione del punto potrebbe sembrare molto simile a quello della scherma occidentale, in realtà ne differisce parecchio e proprio in questa differenza risiede l’essenza del kendo.

Per vedersi assegnato un punto valido nella scherma è sufficiente che la stoccata arrivi a bersaglio, ossia che la spada tocchi il punto della protezione che attiva il sensore e determina l’assegnazione del punto. Nel kendo non è così, e il sistema di valutazione di validità di un punto (yuko-datotsu) passa attraverso la valutazione oggettiva e soggettiva di alcuni elementi che vengono identificati e riconosciuti dagli arbitri.

Potremmo definire punto valido (yuko-datotsu) una stoccata o un fendente effettuati in modo accurato sul bersaglio valido (datotsu-bui) dell’armatura (kendo-bogu) dell’avversario, in cui il colpo sia portato con la parte effettivamente valida dello shinai (datotsubu) e con forte spirito e postura corretta, seguiti da una azione di chiusura determinata (zanshin) che inequivocabilmente faccia interpretare come realistico il colpo inferto.

Per questa ragione, per la buona riuscita di una competizione, molto importante è non solo la prestazione dei contendenti ma persino l’esperienza degli arbitri (sia in termini di esperienze arbitrali che in qualità di praticanti), perché essendo impossibile avvalersi di sistemi elettronici per valutare criteri come la realisticità di una azione ci si affida (e fida ciecamente!) alla capacità discernitiva della classe arbitrale.

Facile obiettare che un sistema del genere è sempre soggetto a critiche e sicuramente quella di affidarsi unicamente al giudizio di 3 persone, laddove si potrebbero mutuare dalla scherma metodi assolutamente incontrovertibili, è una scelta difficile da capire e da accettare ma fa parte del fascino del kendo e ci insegna anche ad accettare le decisioni esterne prendendone atto e superando l’eventuale disappunto che potrebbe determinarle.

Ovviamente i criteri per l’assegnazione del punto valido sono molti e molto chiari, esplicitati in regolamenti federali e internazionali e pertanto uniformi in tutto il panorama del kendo, per cui è veramente difficile che si subisca una palese ingiustizia ma può capitare (gli arbitri sono esseri umani!) e il buon kenshi sa che può sempre trovare un valido conforto nella regola del “oggi a me, domani a te”.

COME VENGONO ASSEGNATI I PUNTI?

Quando uno dei 3 arbitri individua una azione tale che possa esser identificata come valida e quindi determinare punto, alza la bandierina del colore corrispondente al contendente che la ha portata a compimento; se alla segnalazione dell’arbitro in oggetto corrisponde analoga segnalazione di almeno uno degli altri, il punto viene assegnato.

L’arbitro centrale ferma l’azione, i due contendenti ritornano ai posti di partenza, viene dichiarato e segnato sul tabellone il punto e solo a questo punto l’azione può ripartire (su apposita indicazione dell’arbitro centrale).

COME FUNZIONA UN TORNEO?

I tornei normalmente si articolano in una prima fase di qualificazione (pool) nella quale i partecipanti vengono divisi in gruppi di contendenti dai quali (tramite scontro diretto) sarà selezionato il o i migliori che andranno a popolare il tabellone della seconda fase, ossia le eliminazioni dirette.

Nella prima fase di una competizione per ogni gruppo di atleti si effettuano tanti incontri diretti quanti sono i componenti del gruppo; in questa fase gli incontri possono finire in parità e alla fine della serie sarà selezionato il contendente che avrà realizzato più vittorie o in caso di parità di vittorie, più punti.

Nel caso in cui al temine dell’intera sequenza di incontri si verificasse una situazione di assoluta parità, si svolgerà un incontro si spareggio tra i contendenti in situazione di parità.

Accederanno alla fase successiva gli atleti che si saranno qualificati come i migliori del proprio gruppo e a questo punto la competizione procederà fino alla determinazione del campione, con incontri diretti da cui avanzeranno nel tabellone solo i vincenti (pertanto non è più contemplata la possibilità di pareggio dell’incontro e in caso si verifichi si prosegue con tempi supplementari, detti encho, da cui uscirà un unico vincitore).

COMPETIZIONI INDIVIDUALI E A SQUADRA

I tornei possono prevedere formule a squadra o individuali, il metodo si svolgimento è pressocchè identico in entrambi i casi ma con dinamiche chiaramente diverse per le squadre.

Le squadre sono normalmente composte da 5 elementi (ma esistono tornei per squadre da 3 o 7 elementi, l’importante è che il numero dei componenti sia dispari) e la vittoria è determinata dal maggior numero di incontri vinti da componenti della stessa.

In caso di parità di incontri vinti, si conteranno i punti assegnati alla singola squadra, in caso di parità anche di punteggio, si procederà con un unico incontro di spareggio tra le due squadre che schiereranno il loro migliore elemento. L’incontro di spareggio sarà al meglio di 1 punto (Ippon-shobu) e durerà fintanto che non venga assegnato punto valido ad uno dei due contendenti.

ESITONO LE CATEGORIE NELLE COMPETIZIONI DI KENDO?

Dipende, ed è uno degli aspetti più divertenti delle competizioni.

Per le grandi competizioni internazionali (Campionati europei e mondiali) vengono separati i generi, pertanto si hanno categorie maschili e femminili sia per le competizioni individuali che a squadra. La cosa cambia nel nostro panorama nazionale, nel quale per ragioni contingenti legate alla popolazione dei kendoka, si svolgono campionati individuali per genere (maschili e femminili) e misti nel caso delle squadre (pertanto in una stessa squadra possiamo trovare uomini e donne).

Sempre in Italia, esistono due grandi eventi nazionali ossia i Campionati Italiani di Kendo, riservati ai praticanti di grado uguale o superiore al 1 dan (cintura nera) e i Campionati Italiani Kyu e Juniores , riservati ai praticanti meno esperti e ai minori di 18 anni.

In caso invece di tornei privati, organizzati dalla singole associazioni, è l’ente organizzatore che decide la formula di gara, pertanto potremmo trovarci di fronte a tornei open o con categorie divise per grado o per genere o ancora per età.

 

Questo articolo è dedicato a fidanzate/i, mogli, mariti genitori, nonni e amici dei miei colleghi praticanti e mi scuserete, ne sono certa, per il gran numero di termini tecnici utilizzati ma come nel calcio non esiste un modo diverso per chiamare il fuorigioco, nel kendo non possiamo prescindere dal lessico nipponico.

Spero che dopo averlo letto possiate assistere ad una competizione capendo quanto meno le regole base e i criteri di svolgimento di quanto avviene sotto i vostri occhi.

Purtroppo, per imparare a tollerare le urla e il cattivo odore, non esistono guide di sorta, fate affidamento sull’affetto che vi lega al vostro praticante del cuore e ricordate che incitare va bene ma sono assolutamente banditi cori da stadio, trombette, fischi e simili.

Un contegnoso applauso sarebbe il massimo che potreste concedervi ma se proprio non resisteste e voleste sentirvi addentro alla competizione, potreste incitare il vostro favorito usando la parolina magica del tifo nipponico: “FAITO”!

 

Eva Ricciuti, per l’integrazione degli spettatori non praticanti.

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